Storie: la bufera dei Sibillini e la tragedia di Tito Zilioli

Tito Zilioli, nato nel 1934 ad Ascoli Piceno, fu un alpinista con delle grandi doti. Guardandolo, aveva un aspetto più da nord Europeo, forse Tedesco, che di stampo latino. Nel 1955, infatti in un escursione sul gruppo della Majella, venne scambiato appunto per un tedesco, in un osteria di uno di quei paesi, che furono pesantemente bombardati dalla seconda guerra mondiale.

Piuttosto timido e riservato di carattere, ma soprattutto in gamba; prima della sua prematura morte, gli mancava un esame per finire l’università,mentre  nella sua grande passione l’alpinismo,era diventato appunto conosciuto ben presto per le sue prodezze. Arrampicava sul Gran Sasso, soprattutto sul Corno Piccolo, dove, nel 55 ebbe una pericolosa caduta con alcune fratture, tant’è che rimase a letto immobilizzato per almeno un mese.

Sono sue, anche delle lunghe traversate sui Sibillini, oltre che sul Gran Sasso. Ma non finiva certamente qui…

All’inizio del 1958, nella sezione CAI di Ascoli Piceno,si decide finalmente di creare una squadra di alpinisti. E da subito, provano qualcosa, un qualcosa di rilievo come leggerete di seguito…

 

E’ mattina presto, circa le 3:00 del 30 Marzo 1958. E’ un orario di levataccia, da storie alpinistiche serie. Da Ascoli, partono in 4, Pinetta Teodori, Claudio Perini,Francesco Saladini e lui Tito Zilioli. Il sonno, avvolge ancora tutti quei paesi che incontrano per recarsi dove hanno fissato la partenza, sotto le propaggini sud-orientali del Vettore. E’ un sogno che i quattro hanno nella testa e soprattutto nel cuore : la prima ripetizione invernale della via del canalino del Vettore.

Alle ore 5:00, sono pronti per partire. Tito, contento e convinto che l’ascesa si farà, mentre guarda con gioia la parete della vetta più alta dei Sibillini, ancora immersa nelle tenebre.

Iniziano a scalare, la notte ha passato le consegne alla luce del giorno e tutto finalmente si vede. Canalini, passaggi e via dicendo. Lo sanno bene che l’impresa non sarà facile, per cui la loro concentrazione è massima, mentre la direttissima oramai gli si staglia di sopra…

Vanno via tranquilli, con le prime tirate; è proprio Tito, che sorridendo si mette in testa, mentre Pinetta, chiude la cordata. Purtroppo però, il meteo non è dei migliori…inizia a nevicare. E come se non bastasse,all’udito di un suono sinistro, notano una slavina che striscia appena alla loro sinistra, seguita ben tosto da un altra…e poi il vento che inizia ad ululare scacciando la neve tutt’intorno in minuscoli cristalli di polvere di ghiaccio.

Salgono. Non veloci, ma come meglio si può. Il maltempo continua e per un po’, visto che arrivano su di una cengia, si radunano tutti e si riposano.

Si riparte, con Tito sempre in testa, ma tende a fermarsi senza motivo…forse qualcosa non va. Si trovano infossati nella neve alta un metro circa. Francesco prova a rassicurarlo e passa lui al comando della cordata. Superano una crestina, arrivando sulla prima cima, urlano di gioia, mentre il vento, sempre impetuoso turbina la neve tutt’intorno. Tito, continua ad essere spesso quasi non presente…sono circa 12 h che salgono e ancora non è finita. Ancora seguono la cresta fino all’apparire della croce di vetta, o meglio la scorgono incrostata in mezzo alla tormenta. Sono le 17:00 e c’è l’hanno fatta. Ma è terribile rimanere lassù, in quelle condizioni meteo…meglio scendere verso la Sella delle Ciaule. Quella ove adesso c’è un rifugio dedicato a Tito Zilioli.

La bufera diminuisce un po’, ma riprende nuovamente mentre scendono verso il sentiero che passa accanto al Vettoretto, che aggireranno sulla sua destra. E proprio qui, lungo questo tratto, che Tito rimane dietro, in lieve stato di confusione. Fa fatica a rispondere e dice anche delle cose fuori posto in quelle circostanze cui si trovano…

Tutti e tre, oramai capiscono che debbono prenderlo per le braccia e portarlo via, come meglio possono tra l’altro, poiché tutti sono stanchi, molto stanchi dopo troppe ore di fatica, gelo, neve e via dicendo. Ma la situazione, nel buio della notte scesa da un po’, diventa drammatica del tutto…la giovane Pinetta, appena laureata in medicina e che ha retto quell’ascensione in una maniera eccezionale, si accorge che Tito sta morendo, ha lo sguardo fisso,il respiro molto affannato e non risponde più. Alle ore 20:00, Tito non c’è più…il suo corpo viene portato fin dove finisce la neve, sui 1400 m, con il suo sacco sotto la testa. I suoi compagni raggiungono Pretare dopo le 22:00, la salma di Tito verrà ripreso il giorno seguente da 7 uomini della zona e da 1 carabiniere, per essere portato nella chiesa del cimitero.

E’ stato consultato lo scritto di Francesco Saladini, compagno di quella cordata. (CAI sez.di Ascoli Piceno).

Thomas Di Fiore