Tra pochissimo tempo, come riportato dall’Agenzia ANSA, nel registro degli indagati potrebbero essere iscritte altre persone, in particolare i dipendenti della società che gestisce la funivia del Mottarone.
Olimpia Bossi, procuratrice di Verbania, ha detto “valuteremo in che termini sapevano dell’uso dei forchettoni e se hanno consapevolmente partecipato, o se si sono limitati ad eseguire indicazioni provenienti dall’alto”.
L’indagine intanto va avanti e si procede per cercare di capire come si sia rotto il cavo, intanto sono in atto delle indagini per cercare di capire se alcuni dei dipendenti abbiano assecondato le decisioni dei loro superiori.
Il gip di Verbania ha disposto gli arresti domiciliari per il caposervizio della funivia del Mottarone, Gabriele Tadini, e ha scarcerato Luigi Nerini, il gestore dell’impianto, e Enrico Perocchio, direttore di esercizio.
“Palese è al momento della richiesta di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare la totale mancanza di indizi a carico di Nerini e Perocchio che non siano mere, anche suggestive supposizioni”, ha scritto il gip di Verbania Donatella Banci Buonamici nell’ordinanza con cui ieri ha rimesso in libertà il gestore della funivia del Mottarone e il direttore di esercizio e ha mandato ai domiciliari Tadini. Il gip parla di “scarno quadro indiziario” ancora “più indebolito” con gli interrogatori di ieri.
Gabriele Tadini sapeva bene che “il suo gesto scellerato aveva provocato la morte di 14 persone” e per questo avrebbe condiviso “questo immane peso, anche economico” con le “uniche due persone che avrebbero avuto la possibilità di sostenere un risarcimento danni”. Per questo ha chiamato “in correità” i “soggetti forti del gruppo”, per attenuare le sue “responsabilità”, scrive il gip di Verbania.
E’ stato Gabriele Tadini a “ordinare” di mettere “i ceppi” per bloccare i freni di emergenza della cabina e la loro installazione era “avvenuta già dall’inizio della stagione”, il “26 aprile”, quando l’impianto tornò in funzione dopo le restrizioni anti-Covid. Lo ha spiegato un dipendente della funivia sentito come teste nelle indagini dei pm di Verbania, spiegando che il tecnico ordinò di “far funzionare l’impianto con i ceppi inseriti”, a causa delle anomalie al sistema frenante non risolte, “anche se non erano garantite le condizioni di sicurezza necessarie”.
“Prima che si rompa una traente o una ‘testa fusa’ ce ne vuole” è la frase che avrebbe pronunciato Tadini a un dipendente, che ha fatto mettere la frase a verbale.
“Assolutamente non la vivo come una sconfitta sul piano investigativo, anche perché l’aspetto più importante è che il giudice abbia condiviso comunque la qualificazione giuridica dei fatti”. Ha spiegato, intervistata da Radio Veronica One, la procuratrice di Verbania Olimpia Bossi, dopo che il gip ieri ha scarcerato i tre fermati per l’incidente della funivia del Mottarone.