Riprendiamo questo bellissimo articolo della rivista KIM, del giornalista Mirko Polisano che sulla foto del nostro Emanuele ha costruito una storia.
Il volto chino e intorno le macerie ancora fumanti del terremoto che ha distrutto la città di Amatrice. Basta un clic e le persone diventano le immagini viventi di una tragedia. Non so come si chiami questo vigile del fuoco fermo nella zona rossa tra case distrutte e negozi devastati. Lui è lì perché questo è il suo lavoro. La mano sulla fronte, lo sguardo basso. Il caschetto di protezione tolto per lasciar spazio ai pensieri. No quelli no, non si possono fotografare al massimo immaginare. C’è la compostezza e la dignità in questo scatto.
Quelli di un soccorritore, simbolo di uno dei tantissimi che in queste ore si sta dando da fare per aiutare gli altri in questi posti colpiti dal sisma dove la terra continua a tremare. Quelli di un uomo che mostra i suoi limiti e allo stesso tempo la sua speranza, le sue preoccupazioni e il suo dolore perché basta guardarsi intorno che non c’è più nulla. Ecco perché questa foto mi ha ricordato tanto quella di Mattia Piras, il caporalmaggiore dell’Esercito anche lui ritratto sotto il peso dell’elmetto e della sciagura, è diventato l’immagine della strage di Nassiriya.
Dietro di lui incombono i ruderi della base Maestrale, devastata dall’autobomba che esplose alle 10 e 40 del 12 novembre 2003. Nell’attentato che voleva colpire i militari impegnati in Iraq, morirono 12 carabinieri, 5 militari dell’esercito e due civili.
Non è un paragone di numeri e cifre. Sono due volti, due storie differenti per una sofferenza che resta di tutti.