Monitoraggio del camoscio appenninico
Camoscio appenninico. Anche nel 2022 il personale del Servizio Scientifico, i Guardiaparco, i Carabinieri Forestali e i volontari del Servizio Civile hanno portato a termine il monitoraggio della popolazione del mammifero all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise.
Il camoscio appenninico è un endemismo dell’Appennino Centrale, un animale unico al mondo che ha seriamente rischiato l’estinzione nel secolo passato. In virtù del suo forte valore conservazionistico, il PNALM svolge dagli anni ’90 attività di monitoraggio annuale sul camoscio, fondamentale per definire il numero minimo di individui, il successo riproduttivo e il tasso di sopravvivenza al primo anno dei capretti.
Quest’anno, sono state inoltre svolte osservazioni demografiche mirate sui nuclei campione di Meta-Tartari e Rocca Altiera, con lo scopo di ottenere un quadro più preciso della struttura e dei parametri demografici. Tali nuclei rappresentano i gruppi più numerosi della popolazione e sono già stati oggetto di tale monitoraggio più intensivo dal 2010, la scelta di proseguirne l’analisi consente di implementare la serie storica.
In tutto, nel 2022 sono stati conteggiati:
𝟳𝟳𝟯 𝗰𝗮𝗺𝗼𝘀𝗰𝗶, 𝟭𝟱𝟲 𝗻𝘂𝗼𝘃𝗶 𝗻𝗮𝘁𝗶 𝗲 𝟵𝟭 𝗰𝗮𝗽𝗿𝗲𝘁𝘁𝗶 𝗮𝗹 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗼 𝗮𝗻𝗻𝗼. In linea generale l’andamento della popolazione si conferma stabile, con dinamiche di andamento diverse tra i nuclei che compongono la popolazione del Parco. Il tasso di sopravvivenza dei capretti dell’ultimo anno è stato del 77%, il più alto mai osservato. Rispetto al 2021 sono stati contati 152 camosci in più. L’aumento si è registrato in tutte le classi d’età ma specialmente tra i nati dell’anno (38 kid in più dello scorso anno) e tra le femmine adulte (65 femmine in più).
Questo aumento, però, è principalmente imputabile ai camosci conteggiati nel settore del Marsicano (85 camosci in più rispetto al 2021); di Rocca Altiera (43 camosci in più) e delle Mainarde laziali (29 camosci in più).
𝗜𝗹 𝘀𝗲𝘁𝘁𝗼𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗠𝗮𝗿𝘀𝗶𝗰𝗮𝗻𝗼 continua ad essere quello maggiormente dinamico e in considerevole crescita. Pensate che qui nel 2003 si trovavano solamente 15 camosci, oggi 255 (85 in più rispetto al 2021)!
𝗡𝗲𝗹 𝘀𝗲𝘁𝘁𝗼𝗿𝗲 “𝘀𝘁𝗼𝗿𝗶𝗰𝗼” (Gruppo Petroso – Camosciara – Mt. Amaro) si conferma la sostanziale stasi registrata negli anni passati. 𝗜𝗹 𝘀𝗲𝘁𝘁𝗼𝗿𝗲 𝗱i 𝗥𝗼𝗰𝗰𝗮 𝗔𝗹𝘁𝗶𝗲𝗿𝗮 𝗲 𝗾𝘂𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗠𝗮𝗶𝗻𝗮𝗿𝗱𝗲 evidenziano una continua crescita. Qui sono stati conteggiati rispettivamente 43 e 29 camosci in più rispetto allo scorso anno.
La prossima settimana il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise dedicherà un post alle ulteriori evidenze emerse grazie alle osservazioni mirate sui settori del Marsicano e della Meta-Tartari.
Camoscio appenninico, descrizione
Il camoscio appenninico, nome scientifico Rupicapra pyrenaica ornata, è un mammifero artiodattilo della sottofamiglia dei Caprini. Si tratta di una sottospecie di camoscio a sé stante: i camosci appenninici, infatti, sono una popolazione ben distinta sia da quella alpina che da quella pirenaica.
Si differenzia dalle altre specie di camoscio principalmente per le corna, che pur avendo la caratteristica forma ad uncino sono assai più lunghe (fino a 30 cm ed oltre, contro i 20 cm di media delle altre specie) rispetto a quelle degli altri camosci. Le corna sono perenni come in tutti i Bovidi, ossia non cadono, e presenti in ambedue i sessi.
Il camoscio d’Abruzzo durante i mesi estivi presenta colorazione rossiccia con le parti ventrali e la testa che sfumano nel giallastro. Durante l’inverno il manto estivo muta per lasciare il posto al vello invernale, più lungo e folto e di colore bruno-nerastro su dorso, coda, ventre e zampe, mentre il posteriore, il muso, la fronte e l’area che va dalle guance alle spalle sono di colore giallastro.
Sia d’estate che d’inverno il camoscio appenninico presenta una caratteristica fascia di pelo scuro che ricopre gli occhi a mo’ di mascherina e di una macchia chiara sulla gola, accompagnata da una fascia di colore bruno lungo il collo: tali ornamenti sono esclusivi di questi animali e notata dallo zoologo tedesco Oscar Neumann osservando nel 1899 un esemplare impagliato presso il museo di Genova, che per primo distinse il camoscio appenninico da quello alpino.
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