Maestri di sci e reset di una categoria

Con piacere pubblichiamo una ‘lettera aperta’ che ci ha inviato Fabiola Bartolucci dall’emblematico titolo: Maestri di sci e reset di una categoria di professionisti.

Maestri di sci

Maestri di sci: lettera aperta di Fabiola Bartolucci

Da trent’anni noi maestri di sci abbiamo una legge che ci configura come professionisti iscritti a degli albi regionali che svolgono la loro attività professionale prevalentemente a carattere stagionale.
Siamo inquadrabili nel settore produttivo terziario, ovvero forniamo un servizio (quello della formazione-avviamento allo sci) al turista che vuole imparare a sciare quando viene in vacanza in montagna.
Negli ultimi anni il nostro cliente-tipo è diventato sempre di più il principiante (adulto o bambino) o, nei comprensori più vasti, il turista medio che vuole farsi il giro delle baite e conoscere le piste più interessanti per la propria vacanza.
Ma come mai i bambini che gremivano i nostri campi scuola sono stati sempre meno fidelizzati delle scuole sci? In realtà la grande massa di bambini e ragazzi che fino a pochi anni fa affollavano le collettive nelle nostre stazioni sciistiche si è assottigliata sempre di più. E quelli che sono rimasti si sono riversati nelle squadre “pre” e “agonistiche” degli sci club che avviano alle gare di sci bambini sempre più piccoli, appena appena usciti dai campi scuola, lusingati e attratti dal fatto di appartenere ad un team, ritrovarsi con gli amici, divertirsi sulla neve e, infine, vincere coppe e medaglie. Le famiglie sono felici e contente di poter educare i propri figlioli in modo sano, toglierli dal divano e dagli smartphones o dalle cattive compagnie della città.
Giunti all’età di sedici anni la maggior parte di questi ragazzi non diventano quasi mai degli atleti professionisti e, se non abbandonano lo sci, la loro motivazione diviene quella di diventare a loro volta maestri. A questo punto l’ex-atleta si trasforma in cliente dell’istruttore come fruitore dei corsi di formazione (tra corso propedeutico, selezione, corso maestri ed esami passano circa due o tre anni) creando ulteriore PIL per il corpo insegnante preposto alla formazione professionale. Quasi tutti questi giovani diventano maestri di sci nei corsi regionali: ogni regione sforna circa una ventina/trentina di maestri all’anno, tanto che in Italia siamo diventati circa 15.000. Di questi soltanto 5-6.000 svolgono l’attività professionale con continuità per tutta la stagione, e circa la metà di questi sono gli allenatori dei club e gli istruttori nazionali.
È forse troppo avventuroso immaginare che il mercato del lavoro nei prossimi anni (pandemici o post-pandemici) subirà una flessione? È forse troppo fantasioso immaginare che si punterà ad un reset globale della nostra categoria, ad una selezione?
Quello che è successo quest’inverno fa proprio pensare di sì: si salveranno dall’estinzione i maestri che continueranno ad avere clienti, ovvero gli atleti (baby, cuccioli, master, allievi maestri) o pseudo-atleti all’ombra dell’egida della FISI, che conserveranno una motivazione nel prendere un maestro per imparare a sciare. Oltre a questi ci saranno un po’ di principianti che avranno bisogno appena di qualche ora per mettersi in piedi sugli sci, ma venendo a mancare gli importanti flussi turistici degli scorsi anni (come ad esempio, sulle Alpi, gli stranieri) la categoria dei maestri di sci rivelerà tutto il suo geriatrico bisogno di selezione e rinnovamento.
A questo punto si comprende come da produttori di Pil siamo stati trasformati in “prodotto”: in tempo di pandemia siamo utili per pagare le quote di affiliazione ai Collegi e all’Amsi, per pagare i nostri corsi di aggiornamento (che si possono miracolosamente fare… ma in virtù di quale articolo del DPCM?).
Che fine ha fatto il maestro di sci che si distingueva sulle piste per la sua tecnica raffinata, capace di attrarre i clienti desiderosi di perfezionare la propria sciata? Il mercato ci ha ridotto alla stregua di “animatori” o “guide turistiche”, personaggi folkloristici delle diverse località montane.
Non sarebbe giusto ritrovare il senso della nostra professione proprio dove l’abbiamo cominciata? Nella passione per uno sport meraviglioso come lo sci, attività fisica all’aria aperta per eccellenza, a contatto con la neve.
Ma non appena, noi maestri, abbiamo cercato di rivendicare il nostro diritto-dovere di tenerci aggiornati, di allenarci facendo ricerca personale sul campo per cercare di recuperare, a fine emergenza, una collocazione nel mercato dell’insegnamento e del turismo montano, allora siamo stati allontanati, tacitati, ed esclusi dalle piste… Potendo accedervi soltanto divenendo a nostra volta atleti o allievi paganti.
Che modello economico è mai questo? Da produttori di PIL i maestri di sci saranno a breve relegati al ruolo di consumatori?
Tenere i maestri di sci “fuori dalle piste”, non aver potuto lavorare quest’inverno, ricevere ristori inadeguati, lascia dubbi e incertezze sul nostro futuro di professionisti della neve. È il caso di resettare il tutto!

Fabiola Bartolucci

Maestri di sci

Maestri di sci: reset di una categoria?