Incidente Juan Carrito, parla il Pnalm
La storia del povero Juan Carrito, e altri fantasiosi nomi, ha generato una grande quantità di attestati di vicinanza da parte di privati cittadini, associazioni e istituzioni. Ora la parola passa finalmente al Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
Attraverso messaggi di vario genere hanno voluto testimoniare l’affetto per un orso, che molto più di altri, ha fatto parlare di sè ma soprattutto ha contribuito a far emergere i problemi e le difficoltà che questa specie affronta nella dura lotta per l’espansione dell’areale.
Purtroppo, oltre gli attestati di vicinanza e a le critiche costruttive, come sempre accade, ci sono state anche subdole esternazioni, che hanno ipotizzato chissà quali “complotti” sulla responsabilità del Parco in merito alla gestione e alla morte di Juan Carrito.
Nessuno avrebbe voluto il tragico epilogo del 23 gennaio, soprattutto chi come noi, più di tutti si è dato da fare per assicurare un futuro in libertà a quella che a ragione possiamo considerare la mascotte degli orsi marsicani.
Solo l’ignoranza, la superficialità e soprattutto la malafede di alcuni personaggi che usano i social per sfogarsi hanno potuto maturare l’idea di un complotto, fino ad arrivare all’assurdo, secondo il quale, la morte di Carrito ci avrebbe risolto un problema.
Se avessimo solo lontanamente pensato questo ci saremmo battuti per metterlo in gabbia, come da più parti ci veniva suggerito: perché portare avanti un lavoro così impegnativo e scomodo che poteva tornarci contro in ogni momento?
Ma quando si lavora con passione e competenza per la conservazione si affrontano sfide, si prendono decisioni, spesso impopolari, e ci si mette la faccia. Questo abbiamo fatto per Juan Carrito! E ora i tanto richiesti chiarimenti che dovrebbero fare luce su chissà quali grandi e oscure responsabilità!
In occasione della cattura, in data 14 dicembre 2022, in località Aremogna, eseguita dal nostro team di veterinari e biologi, in collaborazione con i Carabinieri Forestali della stazione di Roccaraso, abbiamo scoperto che Carrito aveva perso l’occhio destro.
L’operazione avveniva, condividendo anche una sollecitazione della Regione Abruzzo, che chiedeva di sostituire il radiocollare che aveva smesso di funzionare e che era diventato stretto, vista la crescita dell’animale.
Ad ogni modo, al momento della morte, Juan Carrito non presentava nessun problema fisico legato al radiocollare, come testimoniato da chi per primo è giunto sul posto.
Non sappiamo cosa ci sarà scritto sul referto dell’Istituto Zooprofilattico di Isernia, dove è stata condotta la necroscopia, il giorno 24 gennaio scorso, perché non lo abbiamo ancora ricevuto e soprattutto perché di competenza dei medici dell’Istituto.
Quindi chi sostiene di aver ricevuto informazione dallo Zooprofilattico di Isernia dovrebbe spiegare come questo sia possibile, visto che il Parco non ha ancora il referto.
Tuttavia le informazioni relative al quadro clinico generale di Carrito, rilevate nella cattura del 14 dicembre, compreso il problema all’occhio destro e quelli relativi al collare, erano tutt’altro che segrete, perché sono correttamente riportate nella relazione di servizio datata 15 dicembre, firmata dei tecnici del Parco.
La scelta di non dare informazioni al pubblico era derivata unicamente dall’esigenza di ridurre la pressione mediatica sull’orso più seguito del web e più inseguito da cittadini, curiosi e da alcuni fotografi che su Carrito hanno sviluppato, nonostante le regole, un vero e proprio business.
Quindi la notizia non era coperta da nessun segreto di Stato, né vincolo di riservatezza, tant’è che i Guardiaparco che hanno partecipato alla fiaccolata del 29 gennaio a Bisegna ne hanno parlato liberamente con alcuni dei partecipanti.
Nel merito dei fatti proviamo a fornire un po’ di elementi oggettivi, a beneficio non solo dei leoni da testiera ma anche di talune testate giornalistiche locali che si sono prestate al gossip, invece di approfondire le informazioni presso le sedi opportune.
Juan Carrito, le risposte del Pnalm
𝟭- 𝗣𝗲𝗿𝗰𝗵è Juan Carrito 𝗻𝗼𝗻 𝗮𝘃𝗲𝘃𝗮 𝗶𝗹 𝗿𝗮𝗱𝗶𝗼𝗰𝗼𝗹𝗹𝗮𝗿𝗲 𝗲 𝗽𝗼𝗶 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗵è 𝗶𝗹 𝗿𝗮𝗱𝗶𝗼𝗰𝗼𝗹𝗹𝗮𝗿𝗲 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝘃𝗲𝘃𝗮 𝗳𝗮𝘁𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗳𝗲𝗿𝗶𝘁𝗲 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗰𝘂𝘁𝗲? Appare davvero singolare che a sollevare questa polemica sono molti di quelli che in più di un’occasione hanno ripetutamente criticato il ricorso al radiocollare.
Per mesi, infatti ci è stato rimproverato l’uso di questo “strumento di controllo”, utile alla localizzazione degli orsi e alla eventuale prevenzione di danni. Il radiocollare di Juan Carrito, installato dai colleghi del Parco Nazionale della Maiella, lo scorso marzo 2022, aveva smesso di funzionare e doveva essere rimosso anche perché l’orso, in iperfagia, era molto cresciuto e lo strumento gli aveva determinato problemi cutanei, oggetto di trattamento medico-veterinario in occasione dell’ultima cattura, il 14 dicembre 2022.
Proprio l’esigenza di consentire alle ferite di rimarginarsi e in considerazione del fatto che l’orso si avvicinava all’ibernazione invernale, avevano determinato la scelta di non sostituire il radiocollare, rinviando l’operazione alla primavera 2023, cioè alla ripresa delle attività primaverili.
Il collare era dotato di sistema drop-off, che consente lo sgancio a distanza, a differenza di quanto scritto sui social, confermandoci l’approccio sempre molto superficiale e saccente di taluni “maestrini” del web. Il fatto che il collare avesse smesso di funzionare ha impedito lo sgancio automatico, a distanza, dello stesso.
Non conosciamo le cause della rottura dell’apparecchio, e forse solo i tecnici della Maiella riusciranno a ricostruire il tutto insieme alla ditta del radiocollare, avendo restituito loro l’apparecchio.
Quale che sia il motivo del mancato funzionamento del radiocollare, non si capisce davvero, se e come si sarebbe potuto pensare di evitare la tragedia, pur in presenza di un apparecchio perfettamente funzionante, a meno di non pensare che il radiocollare sia una specie di joy stick con cui telecomandare Carrito indirizzandolo a piacimento in giro per il territorio.
𝟮- 𝗖𝗮𝗿𝗿𝗶𝘁𝗼 è 𝗺𝗼𝗿𝘁𝗼 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗵è 𝗲𝗿𝗮 𝗰𝗶𝗲𝗰𝗼? La vista, in generale, non è il senso più sviluppato degli orsi, che invece fanno affidamento sull’olfatto e sull’udito. Invocare il fatto che l’orso non avrebbe visto arrivare l’auto che l’ha investito, di notte e al buio, significa semplicemente ignorare la biologia di base di questi splendidi animali.
Secondo lo stesso principio, visto che si muovono prevalentemente di notte, dovrebbero andare in giro con la lampada frontale quando, abitualmente, si spostano sul territorio, si nutrono di alimenti che trovano in natura (pensate solo alla ricerca di cibi come le larve di insetti, che non vedono affatto, ma che invece trovano solo con l’olfatto), senza contare le predazioni al bestiame domestico o ad arnie e a pollai, oppure quando mangiano le ciliegie e il ramno.
Gli orsi non usano la vista come senso principale, è un fatto scientifico ed inequivocabile, come dimostrano esempi di altri animali osservati in Natura che presentano ferite importanti nella zona oculare a seguito di combattimenti, senza per questo presentare problemi di nessun tipo.
𝟯- 𝗖𝗼𝗺𝗲 𝗲 𝗾𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗖𝗮𝗿𝗿𝗶𝘁𝗼 𝘀𝗶 𝘀𝗮𝗿𝗲𝗯𝗯𝗲 𝗽𝗿𝗼𝗰𝘂𝗿𝗮𝘁𝗼 𝗹𝗮 𝗳𝗲𝗿𝗶𝘁𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝗽𝗼𝗶 𝗵𝗮 𝗽𝗼𝗿𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗽𝗲𝗿𝗱𝗶𝘁𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗼𝗰𝗰𝗵𝗶𝗼? Il 14 dicembre il veterinario del Parco ha accertato la perdita dell’occhio destro per il quale non si poteva più fare nulla. Sui motivi della perdita non ci sono versioni.
Non ci è dato saperlo visti gli spostamenti che faceva, le numerose incursioni in pollai registrate nel corso del 2022, le baruffe con altri orsi per il territorio, etc. Ogni e qualunque ipotesi priva di fatti oggettivi sarebbe ovviamente fuorviante.
Fuorviante così come del tutto priva di fondamento è quella, ai limiti della calunnia, di un incidente derivato dall’uso dei proiettili di gomma durante la dissuasione, visto che nel corso del 2022 non si è mai fatto ricorso all’uso del fucile per la dissuasione perché Carrito per buona parte dell’anno ha fatto l’orso (restando in montagna). Nell’operazione di traslocazione del marzo 2022, operata dai tecnici del Parco Maiella l’occhio era perfetto.
Quindi le illazioni palesemente strumentali sono gravi e false e le respingiamo con forza. Un conto sono le critiche costruttive, un altro le ipotesi che mirano solamente ad incrinare la credibilità del Parco, come se questo facesse bene agli orsi, visto che siamo l’unico Ente sul territorio che lavora esattamente per la conservazione della biodiversità.
Nessun commento infine sulle eventuali cure cui sottoporre Juan Carrito, paragonandolo addirittura a Yoga, che ha passato molti anni in un’area faunistica gestita, dimenticando però che Carrito era un orso libero, e certo non sarebbe potuto essere oggetto di cure “ambulatoriali” ma soprattutto le cure non erano possibili perché al momento della cattura avvenuta a dicembre 2022, l’occhio destro era completamente perso e quindi senza nessuna possibilità di intervenire.
𝟰- 𝗦𝘂𝗽𝗲𝗿𝗳𝗶𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲 𝗲 𝗽𝗿𝗶𝘃𝗮 𝗱𝗶 𝗿𝗶𝘀𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗶 𝗹𝗮 𝗳𝗮𝗻𝘁𝗮𝘀𝗶𝗼𝘀𝗮 𝗿𝗶𝗰𝗼𝘀𝘁𝗿𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗶𝗻𝗰𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗲 che, ancora una volta, è frutto di informazioni parziali, di nessun rilievo oggettivo sul campo, nessuna conoscenza della dinamica dei corpi in movimento e soprattutto dei mezzi che viaggiano su strada visto che per arrestare un’auto occorrono circa 9 metri a 30 km/h; circa 15 metri a 50 km/h; circa 28 metri a 100 km/h, ecc.
Di tutto questo il Parco non si è mai occupato non avendo alcuna competenza in materia di circolazione stradale ma soprattutto perché sul posto erano presenti forze di polizia intervenute tempestivamente anche per prestare i soccorsi all’orso e ai ragazzi dell’auto che lo ha investito.
Le ipotesi da “film di investigazione” non spettano a noi, quello di cui siamo certi è che le ultime impronte di Carrito sul muro erano rivolte verso la strada e non c’erano le sue tracce sulla neve alla base del muro nella cunetta stradale, né tantomeno dei suoi possenti unghioni sul muro. Il tutto come dimostrano le foto di seguito.
Se davvero Juan Carrito fosse “sceso all’indietro dal muro” come qualcuno sostiene le impronte dell’orso dovevano essere rivolte al contrario e soprattutto dovevano essercene alla base del muro. Per questo l’unica ipotesi seria è quella del salto in mezzo alla carreggiata di un orso possente, lungo 174 cm circa e alto 83 cm al garrese.
Quello che è successo dopo, noi non lo sappiamo. Di sicuro però i rilievi hanno accertato il punto in cui l’auto si è arrestata dopo aver investito l’orso, ma dove l’orso non è morto perché si è trascinato ancora per alcuni metri in avanti in direzione Roccaraso. Come detto la ricostruzione della dinamica dell’incidente non spetta a noi, ma alcuni aspetti li abbiamo ben chiari e non sono quelli della fantasiosa ricostruzione apparsa nei giorni scorsi.
La caccia alle streghe non ci appartiene e siamo ovviamente pronti a rispondere ad eventuali contestazioni formali nel caso ci venissero presentate dalle autorità competenti, però riteniamo di non dover essere messi sempre e comunque sul banco degli imputati. Va bene la ricerca della verità e, chi ci segue lo sa bene, non ci siamo mai tirati indietro a qualunque confronto, ma la continua ombra sul nostro operato che qualcuno si diverte a cavalcare ha proprio stufato.
Quindi chiunque vuole conoscere o capire cose che non sono chiare è pregato di chiedere, come hanno correttamente fatto in tanti, in questi giorni, ricevendo risposte puntuali e senza nessuna ombra. Vi preghiamo di utilizzare un sano senso critico soprattutto evitando di credere a chi, come gli stregoni del medioevo, ha venduto fumo dicendo addirittura che i figli di Amarena erano 2 femmine e 2 maschi, mentre la genetica ci ha restituito senza ombra di dubbio che sono 3 maschi ed 1 femmina.
Tutto nella vita si può fare meglio ma rispetto a Carrito il nostro impegno è stato totale. Ci siamo assunti la responsabilità di porre rimedio ad ogni situazione critica, soprattutto fuori dal Parco, anche quella di montare un recinto in pieno inverno, quando il 21 gennaio, con la tormenta di neve, Juan Carrito aveva fatto visita ad un allevatore, con il quale avevamo appuntamento per l’istallazione del recinto elettrificato il 24 gennaio.
I nostri Guardiaparco dal momento della prima segnalazione era tornati a sorvegliare l’area, ed erano stati sul posto anche nel pomeriggio del 23 gennaio, allontanando l’orso dall’area circostante l’azienda e seguendolo verso la zona di Spino Rotondo, per circa 40 minuti di cammino a piedi, spingendolo verso la montagna.
Non siamo noi ad avere scheletri da nascondere né tantomeno fantasmi da cui fuggire, ribadiamo solo che vorremmo lavorare consapevoli che chi ci osserva lo faccia con la lente di chi vuole le garanzie che tutto venga fatto al meglio senza strumentalizzazioni che non fanno bene a nessuno, tantomeno all’orso.
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