La belladonna (Atropa Belladonna) è una delle piante più utilizzate in farmacologia, ma anche tra le più pericolose nella storia della medicina. Le foglie contengono alcaloidi a nucleo tropanico, fra cui i principali sono l’atropina e la scopolamina, che svolgono un’azione eccitante, allucinatoria la prima; depressiva e ipnotica la seconda.
Frutto della Atropa Belladonna
Gli effetti tossici degli alcaloidi sono secchezza alla gola, mancanza di secrezione lacrimale, mal di testa, tachicardia, extrasistole, fibrillazione, arresto della peristalsi, rash cutanei scarlattiformi, allucinazioni, disorientamento, delirio, coma e arresto del centro respiratorio. Dall’analisi dei principi attivi risulta che la pianta influenza in varia misura tutti gli organi e i sistemi la cui funzione si trova sotto il controllo del sistema nervoso parasimpatico.
La belladonna viene usata in medicina per ridurre la secrezione acida e della motilità gastrica, favorendo quindi i processi di cicatrizzazione dell’ulcera.
La pianta infatti svolge un’azione antispasmodica e parasimpaticolitica, in quanto blocca i recettori colinergici e impedisce i legami di questi con l’acetilcolina, liberata dalle terminazioni delle fibre parasimpatiche e di quelle post-gangliari simpatiche, che vanno alle ghiandole sudoripare e ad alcuni vasi.
Pertanto è indicata per ipercloridria, ulcera peptica, gastrite e bruciori di stomaco e nella sindrome dell’intestino irritabile, spasmi addominali.
Inoltre la belladonna svolge un’azione broncodilatatrice, utile per migliorare la ventilazione polmonare in caso di eccessive secrezione bronchiale, in presenza di asma e bronchite.
Infine la pianta aumenta il numero delle pulsazioni cardiache per cui viene usata nel trattamento di alcune brachicardie.
Descrizione della pianta
Pianta erbacea perenne, rizomatosa raggiunge 1 m. di altezza. Il fusto è semplice, eretto e robusto, e ramoso all’apice. Le foglie sono picciolate, a margine intero, ovato-ellittiche, lunghe fino a 15 cm, e ricoperte, come il fusto, di una peluria responsabile dell’odore sgradevole emanato dalla pianta. I fiori ascellari sono isolati e pendenti, di colore viola scuro. Il frutto è una bacca nera con molti semi.
Atropa Belladonna
Cresce fra cespugli e nelle radure dei boschi di latifoglie e nelle zone montane e submontane dell’Europa centrale, Africa settentrionale ed Asia occidentale. In Italia la si può trovare nei boschi delle Alpi e degli Appennini.
Cenni storici sulla belladonna
“Mangiandosi il suo frutto fa diventare gli uomini come pazzi e furiosi, simili agli spiritati, alle volte ammazza facendo dormire fino alla morte. (P. A. Mattioli).
I sintomi sono contenuti in una vecchia filastrocca inglese, che recita: “caldo come una lepre (febbre), cieco come un pipistrello (dilatazione pupillare e inibizione dell’accomodazione), secco come un osso (blocco di salivazione e sudorazione), rosso come una barbabietola (congestione di volto e collo), matto come una gallina” (allucinazioni, eccitazione)
La pianta infatti venne chiamata Atropa, nome della parca greca a cui era stato affidato il compito di stabilire la durata delle vite degli uomini, e porre fine alle loro esistenze, tagliandone il filo. Il nome Belladonna deriva dal gergo popolare veneziano del 1500, in allusione al fatto che il succo delle sue bacche, veniva usato come cosmetico dalle donne, per la cura della pelle e per fare risplendere gli occhi.
I frequenti avvelenamenti per ingestione delle bacche, indussero i farmacologi del ‘700 a sperimentare le azioni da essa esercitate. Il primo a studiarne l’effetto prodotto sugli organi fu Berna Albrecht von Haller che dopo aver analizzato glin organi notò come conseguenza patologie a carico del sistema gastroenterico e delle terminazioni nervose, ma non esitò a proporla come rimedio nel Parkinson, seppure a piccole dosi.
Il fiore della Atropa Belladonna
Fonte: cure-naturali.it