In Appennino, ogni inverno, avviene qualcosa di stupefacente

Secondo gli esperti quello dell’orso bruno dell’Appennino non può considerarsi un letargo in senso stretto (come quello, per esempio, delle marmotte) ma uno stato d’ibernazione, una sorta di ‘semi-letargo’, inteso come ‘una riduzione stagionale specializzata del metabolismo, legata alle basse temperature e alla mancanza di cibo’.

Appennino

In Appennino l’orso non va in letargo, ma in uno stato d’ibernazione. Foto di Gianpiero Cutolo

Dormire fino a sei mesi in una tana.
Tra novembre e dicembre, gli orsi si trovano ad affrontare condizioni ambientali sfavorevoli, ovvero temperature rigide e carenza di cibo. Ma l’orso è un vero stratega e trascorre l’inverno al riparo, in uno stato letargico, detto anche ibernazione.

Immobili, senza alcun comfort di prima necessità. In questi mesi, gli orsi non mangiano e non bevono. I loro respiro e battito cardiaco rallentano. Il metabolismo si prende ‘una pausa’. Gli orsi si ‘raffreddano’. Eppure, riescono a contrastare tutti i problemi legati a mesi di immobilità, di digiuno e di anuria. Qualcosa che sa di magico anche per gli studiosi.
Gli orsi sono gli unici mammiferi in grado di partorire e allattare in condizioni così estreme.

Per saperne di più, visitate orsoeformica.it, il portale web del progetto L’Orso e la Formica: un viaggio in equilibrio tra emozione e scienza, per conoscere l’orso dell’Appennino e le sue montagne, lungo un percorso che unisce le potenzialità del mondo virtuale con la realtà di un mondo bellissimo, fatto di professionalità, fatica e tanta passione. Un progetto pensato per il grande pubblico, per gli appassionati, per il mondo della scuola e per chiunque senta di volersi avvicinare e scoprire questo splendido animale, e tutto ciò che rappresenta.

Il lancio del sito arriva quindi a conclusione di un lungo percorso di produzione e raccolta dei materiali. Anni di lavoro di campo e di ricerca, per ottenere fotografie, sequenze e illustrazioni sorprendenti e analizzare centinaia di testi e articoli scientifici, frutto di una lunga collaborazione tra ricercatori, studenti, tecnici e volontari. Un lavoro appassionato e meticoloso portato avanti da Elisabetta Tosoni, ricercatrice e biologa e dai fotografi e documentaristi Bruno D’Amicis e Umberto Esposito, sotto l’egida del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise che ha creduto e supportato il progetto fin dall’inizio e con il sostegno dell’Associazione Obiettivo Mediterraneo.