Secondo gli esperti quello dell’orso bruno dell’Appennino non può considerarsi un letargo in senso stretto (come quello, per esempio, delle marmotte) ma uno stato d’ibernazione, una sorta di ‘semi-letargo’, inteso come ‘una riduzione stagionale specializzata del metabolismo, legata alle basse temperature e alla mancanza di cibo’.
Dormire fino a sei mesi in una tana.
Tra novembre e dicembre, gli orsi si trovano ad affrontare condizioni ambientali sfavorevoli, ovvero temperature rigide e carenza di cibo. Ma l’orso è un vero stratega e trascorre l’inverno al riparo, in uno stato letargico, detto anche ibernazione.
Immobili, senza alcun comfort di prima necessità. In questi mesi, gli orsi non mangiano e non bevono. I loro respiro e battito cardiaco rallentano. Il metabolismo si prende ‘una pausa’. Gli orsi si ‘raffreddano’. Eppure, riescono a contrastare tutti i problemi legati a mesi di immobilità, di digiuno e di anuria. Qualcosa che sa di magico anche per gli studiosi.
Gli orsi sono gli unici mammiferi in grado di partorire e allattare in condizioni così estreme.
Per saperne di più, visitate orsoeformica.it, il portale web del progetto L’Orso e la Formica: un viaggio in equilibrio tra emozione e scienza, per conoscere l’orso dell’Appennino e le sue montagne, lungo un percorso che unisce le potenzialità del mondo virtuale con la realtà di un mondo bellissimo, fatto di professionalità, fatica e tanta passione. Un progetto pensato per il grande pubblico, per gli appassionati, per il mondo della scuola e per chiunque senta di volersi avvicinare e scoprire questo splendido animale, e tutto ciò che rappresenta.
Il lancio del sito arriva quindi a conclusione di un lungo percorso di produzione e raccolta dei materiali. Anni di lavoro di campo e di ricerca, per ottenere fotografie, sequenze e illustrazioni sorprendenti e analizzare centinaia di testi e articoli scientifici, frutto di una lunga collaborazione tra ricercatori, studenti, tecnici e volontari. Un lavoro appassionato e meticoloso portato avanti da Elisabetta Tosoni, ricercatrice e biologa e dai fotografi e documentaristi Bruno D’Amicis e Umberto Esposito, sotto l’egida del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise che ha creduto e supportato il progetto fin dall’inizio e con il sostegno dell’Associazione Obiettivo Mediterraneo.